Commento al Comunicato AURET n. 8

*AURET: IMPORTANTE*

*DL N. 44/2021: OBBLIGO VACCINALE PER OPERATORI SANITARI*

*IN MERITO ALLA PRESUNTA INESISTENZA DI UN OBBLIGO*

*COMUNICATO N. 8*

***

“Buongiorno a tutti, ci sono pervenute una serie di segnalazioni in ordine ad alcune affermazioni estrapolate da un convegno, da una trasmissione radiofonica condotta dal giornalista Marcello Pamio e riprese in alcuni blog e social in merito alla presunta mancanza di obblighi in base al DL n. 44/2021 convertito in legge 28.05.2021 n. 76; una serie di affermazioni a dir poco discutibili da parte di tale Laura Carosi, linguista, che rischiano di mettere seriamente a rischio chi dovesse dare loro credito.”

Ahinoi, sarebbe bello se la gente, prima di rilasciare comunicati “importanti” si premurasse almeno di conoscere ciò di cui parla. Come sapete tutti, non si tratta di affermazioni estrapolate da un convegno, bensì di una intervista di circa mezz’ora rilasciata da me a Marcello Pamio in cui, semplicemente, LEGGO parte dell’articolo 4 del DL 44, convertito in Legge 76/2021 e faccio alcune correlazioni con le norme sulla protezione dei dati personali, in primis quelle contenute nel D. Lgs. 196/2003, “recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al regolamento (UE) n. 2016/679” (GDPR), nonché nel DL 179/2012 e nei successivi regolamenti.

“Una serie di affermazioni che denotano non solo una scarsa dimestichezza con la terminologia e le procedure giuridiche ma anche una pericolosa superficialità nel momento in cui non prende in considerazione le possibili ripercussioni; affermazioni dalle quali non solo dissentiamo come avvocati ma anche come cittadini e come dirigenti di AURET ritenendole non solo profondamente errate ma persino pericolose non solo per gli operatori sanitari.”

Suppongo che degli avvocati (ma il comunicato riporta una sola firma, quindi… chi saranno gli altri??) dovrebbero sapere che la diffamazione è un reato! “Non solo” come avvocati, ma anche come cittadini e come dirigenti di una associazione.

(art. 595 c.p. “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. (…)”

“In primo luogo, mentre la linguista ancora “pensa” che le Regioni non possano accedere ai dati sensibili dei sanitari, in realtà hanno non solo già ricevuto tali dati da ordini e datori di lavoro entro il termine indicato ma li hanno subito trasmessi alle USL di riferimento intorno alla metà di aprile nonostante le nostre diffide.”

La linguista, oltre a pensare, legge. In particolare, in questo caso, è il Garante Privacy che ci spiega nel dettaglio chi e come può accedere ai dati sanitari dei cittadini, e lo fa pubblicamente a questo indirizzo: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/5805978

9) Quali sono i soggetti che possono accedere al FSE?

L’assistito, che potrà così consultare i propri documenti sanitari sia clinici che amministrativi, come le ricette o i certificati di malattia.

Con il consenso dell’assistito, tutti gli esercenti le professioni sanitarie (pubblici e privati) che intervengono nel processo di cura dell’assistito, compreso il medico di base, cui compete anche il compito di redigere il patient summary (profilo sanitario sintetico).

Le Regioni e il Ministero della salute per finalità di governo e di ricerca (senza i dati identificativi diretti dell’assistitoe nel rispetto dei principi di indispensabilità, necessità, pertinenza e non eccedenza).

Ma, poiché non sono laureata in giurisprudenza e non sono Presidente di alcuna associazione, prima di rilasciare comunicazioni pubbliche mi premuro di verificare ogni dettaglio, e allora sono andata a leggere anche il DL 34/2020 (quello che, disponendo l’abrogazione del comma 3-bis dell’art. 12 del DL 179/12, ha suscitato tante polemiche qualche mese fa), appurando che l’unica novità in esso contenuta riguarda l’alimentazione del fascicolo sanitario e NON, in alcun modo, la possibilità di accesso da parte delle Regioni.

Mi sembra molto superficiale che un avvocato dica che io “penso” che le Regioni non possano accedere, quando ci sono diverse leggi e regolamenti che lo specificano in maniera chiara e inconfutabile per tutti!

“Quindi, fa riferimento al termine “invito” al posto di “obbligo” relativo all’invio dei certificati facendo intendere che possa nascondere chissà quale “segreto”.

In realtà, a differenza di quanto ritiene la Carosi con un’interpretazione da linguista che non può trovare spazio in ambito giuridico, hanno utilizzato tale termine semplicemente perché, anche dal punto di vista logico, nessuno può obbligarti a fornire un certificato o una giustificazione ad un tuo comportamento commissivo o omissivo: se vuoi ottenere qualcosa lo fai; in caso contrario assumi su di te il rischio di non averlo fatto.”

Beh, certo… hanno utilizzato il termine “invito” proprio per il motivo che dice l’avvocato Mastalia: perché NON POSSONO OBBLIGARE nessuno a fornire i propri dati protetti da privacy! Fantastico, vedo che almeno su questo dettaglio ci capiamo 🙂

Tuttavia, esistono casi in cui l’invito corrisponde sostanzialmente a un obbligo, ad esempio quando la Polizia, con atto ufficiale (non certo con una telefonata, come succede spesso di questi tempi) ti “invita” a presentarti al Commissariato. In quel caso però, come mi ha fatto notare un certo avvocato penalista molto attento e molto onesto, l’atto riporta anche la specifica indicazione della pena per il mancato rispetto dell’obbligo in questione.

Quindi, spieghi, l’avvocato Mastalia, gentilmente, a noitutti: quale sarebbe il comportamento omissivo o commissivo legato alla scelta di non inviare spontaneamente dei dati che NESSUNO ha il diritto di chiedere? Lui, al contrario di me, è giurista, dunque ce lo saprà sicuramente spiegare in punto di diritto, citando tutte le leggi, articoli e commi relativi, giusto?

“Se vuoi entrare a teatro ti invitano a mostrare il biglietto: nessuno ti obbliga; nessuno ti può costringere a mostrarlo, ma se non lo fai non entri.
Punto!”

Sì, entrare a teatro e difendere i propri diritti sono proprio la stessa cosa… davvero può sembrare un esempio adeguato?

L’acquisto del biglietto equivale alla sottoscrizione di un contratto, mentre l’invio dei propri dati sensibili non solo non da diritto a nulla, ma è persino proibito per legge (DPR 445 del 28 dicembre 2000), per cui nessun cittadino può autodichiarare nulla in materia sanitaria!

“Rimanendo in ambito covid, se durante il vergognoso “coprifuoco” o l’altrettanto vergognoso divieto di spostamento tra comuni o regioni, venivi fermato dalla polizia questa ti avrebbe invitato a fornire un valido motivo per essere lì in quel momento (salute, lavoro, emergenza, etc); in caso contrario ti avrebbero elevato un verbale di contravvenzione.
Non avrebbero potuto obbligarti, ma solo invitarti.
Sono sempre e solo fatti tuoi.”

Scusi, avvocato, ma lei la conosce la differenza fra contravvenzione (termine del diritto penale) e sanzione amministrativa? Ma ancor di più, conosce la differenza fra un verbale di accertamento emesso ai sensi del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992) e uno emesso ai sensi della “Legge di depenalizzazione” ( L. 689/81)? Io sì, dato che l’ho studiata approfonditamente ai fini di un comunicato che, assieme all’avvocato Michele Pappalardo, abbiamo redatto a dicembre 2020, nel quale abbiamo cercato di spiegare ai cittadini la differenza fra i procedimenti sanzionatori previsti dai provvedimenti appena citati.

“Quindi, se vuoi usufruire delle facoltà indicate dal decreto per non essere obbligato a vaccinarti come operatore sanitario, ti invitano ad inviare i certificati: ma nessuno può obbligarti a farlo: sono sempre e solo affari tuoi!
Almeno finché faranno finta che questa sia ancora una repubblica democratica e non una dittatura mascherata.

Riguardo la successiva affermazione della Carosi che Regioni (e province autonome, ndr) ed USL non possono venire a conoscenza dei tuoi dati sensibili, la stessa evidentemente non sa che in realtà, sin dall’estate scorsa, il governo, anticipando ciò che sarebbe accaduto mesi dopo, ha surrettiziamente quanto strumentalmente previsto la possibilità per regioni, USL così come anche protezione civile CRI ed altri organismi di accedere ai dati sensibili sanitari in periodo di “emergenza”; per questo motivo:
-. Viene prorogata strumentalmente la sedicente emergenza;
-. A differenza di ciò che dice lei, le Regioni (e non solo) hanno già avuto accesso diretto ai dati relativi alle vaccinazioni dei sanitari e li hanno già scambiati con le USL a prescindere dal fatto che il sanitario volesse o meno.”

Certo che lo sappiamo, Signor Presidente, che nelle ASL la privacy viene violata ogni giorno, ma ciò non significa che non sia comunque un illecito e che scriverlo su una lettera di “invito” non sia estremamente compromettente, in particolar modo visto che il DL 44 stesso sottolinea in maniera chiara e inequivocabile (per chi si prende la briga di leggerlo, naturalmente!) che regioni e aziende sanitarie devono svolgere i propri compiti “nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali” (art. 4, c. 4) e che ordini professionali e datori di lavoro trasmettono “l’elenco degli iscritti” o “l’elenco dei dipendenti”, quindi di TUTTI i dipendenti “con tale qualifica” (ovvero quella di operatore sanitario o di interesse sanitario), non solo di quelli non “vaccinati” (e come potrebbe, visto che per la privacy non ha neanche il diritto di sapere chi abbia o non abbia effettuato un trattamento sanitario?!).

Mi sembra dunque di capire che il giurista Mastalia non trovi nulla di strano nel fatto che regioni e aziende sanitarie violino la privacy, né si sofferma sul fatto che, anche avendo commesso tale violazione, siano probabilmente restie a metterlo nero su bianco in un atto ufficiale… anzi sembra ritenere pericoloso che una professionista legga la legge alla radio! E, a questo punto, direi che possiamo prendere atto del fatto che il Presidente dell’Associazione AUTISMO Ricerca e Terapie, che, immagino, non abbia mai ricevuto un soldo dai poveri genitori con figli danneggiati da vaccino, sembrerebbe più preoccupato di smentire la sottoscritta, anche a costo di usare metodi “a dir poco discutibili”, che non di ascoltare l’intervista dalla quale dissente, usando il plurale, “come avvocati ma anche come cittadini e come dirigenti di AURET” e verificare le “affermazioni” che, senza remore, definisce “pericolose”, “discutibili” e “che denotano una scarsa dimestichezza con la terminologia e le procedure giuridiche ma anche una pericolosa superficialità”.

Ma quanto è superficiale scrivere che si tratterebbe di affermazioni “estrapolate da un convegno” (il che dimostra chiaramente che non ha ascoltato l’intervista, o quanto meno che non l’ha fatto con attenzione)? E quanto è grave dire di una traduttrice che denota scarsa conoscenza terminologica?? Si tratta della MIA PROFESSIONE e lui non sembra aver ponderato approfonditamente le ripercussioni che le sue affermazioni pubbliche possono avere in termini giuridici, economici e professionali per entrambi.

Perché… per distorcere un messaggio basta un comunicato, ma per smentire una professionista ci vorrebbe anche un minimo di intelligenza, che non è automaticamente dimostrata da una posizione sociale o da un titolo di studio.

Anche il commento diffuso via social (sono certa che lui, da giurista, conoscerà bene la posizione del Garante in relazione alla pubblicazione sulle piattaforme sociali) dalla sua collaboratrice signora Piccioni, che mi è stato recapitato, che, evidentemente “gira” per la rete (e del quale, dunque, AURET non può che prendersi piena responsabilità, essendo la signora in questione, come da pagina web dell’associazione, “Consigliere” “Resp. Social e Internet”) avrebbe bisogno di essere quanto meno rivisto, dato che contiene diverse parole poco gentili e, tendenzialmente, confonde l’obbligo vaccinale con l’invito alla trasmissione dei propri dati sensibili… oltre a una buffissima argomentazione in cui confonde, ancora una volta, un tampone positivo (NON diagnostico, e che quindi non solo non prova una patologia, ma neanche una infezione) per un batterio del genere Streptococcus con una DIAGNOSI di malattia (per definizione: SINTOMATICA) causata dal batterio medesimo. AURET, che si occupa di ricerca e terapie, dovrebbe conoscere approfonditamente la differenza fra un tampone non diagnostico, che, semmai, può indicare la presenza nell’organismo di un virus o altro agente infettante, e la certificazione del medico, in base a segni e sintomi clinici, di una malattia.

Quanti sanitari e non sono, da sempre, andati al lavoro dopo un esame NON diagnostico, perché NON affetti da una MALATTIA? Succede, a volte, che il medico consigli comunque una terapia, anche solo in via preventiva, succede anche che alcuni vadano a lavorare con il raffreddore e fino a oggi, nessuno si è mai azzardato a paragonare queste situazioni con quelle di un MALATO con diagnosi di AIDS!

Ringrazio dunque AURET di voler chiarire a noi tutti le ragioni di queste affermazioni pubbliche, possibilmente prima che io (per non dover rispondere mille volte alle stesse domande da parte delle persone che seguono il mio blog e il canale dove scrivo) mi trovi costretta a pubblicare il mio commento alla seconda parte del comunicato. E magari voglia, il signor Presidente, ritirare il comunicato da lui sottoscritto e sostituirlo con le dovute pubbliche scuse qualora si riconoscesse qualche imprecisione.

Resto in vigile attesa,

Laura Carosi

L’intervista la trovate qui: https://lauracarosi.com/2021/06/07/intervista-di-marcello-pamio-a-laura-carosi-1-giugno-2021/

5 pensieri riguardo “Commento al Comunicato AURET n. 8

  1. Condivido pienamente la Sua ovvia analisi. La ringrazio infinitamente per il tempo e la professionalità che mette a disposizione in questa “pantomima”, hem, mi scuso, pandemia.

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