Premesso che
- anche dopo la conversione in legge, il DL 44 continua a parlare dell’inesistente vaccino che dovrebbe servire “per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2”;
- le leggi a tutela della privacy continuano a esistere e rendono abbastanza improbabile che le ASL possano arrivare a emettere LEGITTIMAMENTE l’atto di accertamento previsto dall’articolo 4;
- anche una volta emesso tale atto ufficiale, né le ASL, né i datori di lavoro, né gli ordini professionali hanno facoltà di emettere un provvedimento che impedisca di svolgere le mansioni specifiche elencate dal DL ( ovvero “la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”, quindi NON, in generale, il proprio lavoro, ma SOLO quelle specifiche mansioni lì);
- anche gli operatori che abbiano ricevuto 2 dosi di uno dei farmaci attualmente in commercio dovrebbero essere sospesi, giacché, notoriamente, POSSONO CONTAGIARE…
esiste una serie di dubbi molto concreti in relazione agli operatori effettivamente soggetti all’obbligo!
Se da un lato dobbiamo pensare che pochissimi operatori sanitari (ovvero medici, infermieri, farmacisti… insomma chi ha un titolo abilitativo rilasciato dallo Stato) hanno contatti stretti (a meno di 1 metro, ma forse 2… il Ministero ogni tanto cambia idea) con il paziente per almeno 15 minuti senza dispositivi di protezione (ad esempio, un radiologo, uno psichiatra, uno psicoterapeuta, un tecnico di laboratorio, un farmacista se lavora da dietro al “dispositivo di protezione”, ovvero alla barriera in plexiglass), dall’altro abbiamo questi fantomatici “operatori di interesse sanitario” che… non sappiamo CHI SIANO!
Andiamo con ordine: il DL 44 richiama espressamente l’articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, il quale dispone: “Resta ferma la competenza delle regioni nell’individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario (…)”.

Cercando fra gli atti ufficiali delle singole regioni, si trovano spesso leggi regionali o decreti che individuano alcuni “operatori socio-sanitari”, come ad esempio, la
Legge Regione Veneto 6 aprile 2001, n. 10, che, all’art. 1, comma 2, ci spiega: “L’operatore socio-sanitario è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a: assistenziale e socio-sanitario, residenziali e semiresidenziali.”, oppure la
Legge Regione Umbria 9 aprile 2015 , n. 11, che, all’art. 51, sempre comma 2, ci da la seguente definizione: “L’operatore socio-sanitario, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a:
a) soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario;
b) favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.”
Tutto molto bello, ma…. Quali operatori sono “socio” e quali “sanitari”??
Cioè: un animatore in RSA, sicuramente è “socio”, ma non è “sanitario”. Lo stesso dicasi degli insegnanti di sostegno, educatori in genere e di tante altre figure che svolgono mansioni a contatto con i pazienti, ma… non sono state SPECIFICAMENTE INDIVIDUATE DALLA REGIONE come “operatori di interesse sanitario”.
E il cuoco o l’idraulico che lavora in RSA? I tirocinanti, che non hanno neanche un contratto di lavoro?? Loro non sono neanche “operatori”, figuriamoci se dobbiamo stare a discutere sul “socio- (o) sanitario”…
… Perché la legge non prende in considerazione il contatto fisico in sé, bensì la qualifica di operatore “sanitario” o “di interesse sanitario”. Per questo tutti stiamo dicendo che è iniqua: una badante, che non è né sanitaria né di interesse sanitario, sicuramente tocca la persona di cui si occupa, tuttavia l’obbligo non la riguarda. Gli estetisti toccano i clienti, ma non sono soggetti a obbligo. E così molte altre figure professionali. Senza contare chi insegna in palestra, magari lotta corpo a corpo…
E, anzi: non SOLO la professione, ma specificamente la professione abbinata alle mansioni che comportino il rischio di contagiare le categorie fragili (ad esempio un medico radiologo che sta dentro al gabbiotto… che possibilità ha di contagiare qualcuno? Un infermiere che lavori in amministrazione? Un veterinario, che magari lascia il cliente fuori dalla sala visite o comunque a 2 metri di distanza? Un medico necroscopo, che lavora sui cadaveri? Un medico legale che si occupi solo di perizie?)!
Infine… perché parliamo di “categorie fragili”?
Perché il “piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178” citato dalla Legge 76, di conversione del DL 44, che le regole per la redazione dei testi giuridici imporrebbero di indicare espressamente con numero di protocollo e data di pubblicazione, e che quindi possiamo solo intuire essere il “Piano vaccini anti Covid-19” che ci illustra il Ministero della Salute sul proprio sito Web ufficiale (o magari sarà il “Piano Vaccinale del Commissario straordinario”, o magari un “piano per non farvici capire niente omettendo spudoratamente qualunque specifica pur richiesta in legge, tanto nessuna Procura muove un unghia”… boh!).
Insomma questo “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2”, che poi tra le varie pagine dei vari siti istituzionali e atti ufficiali cambia nomi diversi per facilitare la confusione, parla ESPRESSAMENTE di “categorie vulnerabili”!
… ma di questo parleremo nella prossima puntata…
Cosa potremmo fare per far abolire questo decreto legge ….. e anche questo governo non eletto …governo di criminali ma anche i parlamentari sono criminali
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